Nei primi giorni di giugno, Professione Finanza, società leader nella formazione per consulenti finanziari, ha organizzato un importante evento dedicato alla finanza comportamentale. Ospite d’eccezione è stato il grande economista statunitense Richard Thaler il cui contributo agli studi di economia comportamentale ha raggiunto il massimo riconoscimento con il Premio Nobel vinto nel 2017. Per l’occasione, Professione Finanza ha anche dedicato interamente l’edizione di giugno della rivista MyAdvice alla finanza comportamentale.

Occasione unica: ho letto d’un fiato tutti gli articoli della rivista e, naturalmente, mi sono precipitata ad ascoltare di persona il Dott. Richard Thaler, da molti conosciuto anche come autore del concetto, ormai diffuso nel mondo finanziario, della “spinta gentile”.

Da lì al dedicare quest’ultimo post prima della pausa estiva proprio ai numerosi concetti e alle tante riflessioni emerse post evento, il passo è stato breve. Si tratta di concetti e riflessioni che ben si adattano ad ogni investitore / risparmiatore ma ai quali, purtroppo, si avvicinano, nel mondo della finanza, per necessità o per interesse personale, quasi sempre solo gli addetti al settore, cioè consulenti finanziari e affini. In realtà credo che conoscerli possa essere di grande utilità anche per qualunque individuo che effettivamente si trovi a compiere scelte d’investimento. Dunque vi racconto qualcosa di tutto ciò e ringrazio Patty Chada, Duccio Martelli, Gian Franco Franzosini, Tiziano Carlo Bellemo, Enrico Maria Cervellati e Paolo Legrenzi dai cui articoli ho rielaborato il mio post per te.

L’assunto di partenza è che le scelte degli individui sono frutto di un insieme molto articolato di fattori, alcuni riconducibili alla razionalità, altri collegabili ad elementi più irrazionali come l’istinto, le emozioni, le esperienze pregresse ed altro ancora. Sono talmente tanti gli stimoli che arrivano al cervello nel momento in cui l’individuo deve fare una scelta che, per semplificarla, egli ricorre a quelle che vengono definite euristiche e bias.

Le euristiche altro non sono che “scorciatoie” mentali che l’individuo utilizza, spesso inconsapevolmente, per semplificare il processo di scelta. Sono basate su intuizioni e analogie che ti portano a compiere una scelta in modo veloce rispetto a quanto avresti fatto se avessi dovuto calcolare esattamente l’esito della tua azione. Il classico esempio, riportato anche da Gian Franco Franzosini, è quello dell’uomo che viene attaccato dal leone: se si fosse fermato a calcolare in quanto tempo il leone l’avrebbe raggiunto, la specie umana si sarebbe estinta da tempo.

I bias, invece, sono errori cognitivi basati su percezioni errate o deformate cui, ancora una volta, si fa ricorso per accelerare il proprio processo decisionale.

Sia le euristiche che i bias possono condurre a decisioni errate perché non razionali, non basate cioè sulla razionale analisi di tutti i dati a disposizione per scegliere.

Il contesto stesso e lo stato d’animo in cui un soggetto deve prendere decisioni impattano sulla scelta che egli deve compiere. Può essere cioè, che lo stesso individuo, cambiando contesto e stato d’animo, giunga ad una scelta differente rispetto a prima mentre, se si basasse solo su dati razionali ed oggettivi, la scelta dovrebbe essere la medesima.

Daniel Kahneman, Premio Nobel per l’economia nel 2002, ed Amos Tversky furono i primi a fare un elenco delle euristiche e dei bias che potevano trovarsi alla base delle scelte degli individui.

Richard Thaler ha compiuto il passo successivo, giungendo, dice Enrico Maria Cervellati, alla finanza comportamentale 2.0.

Secondo Richard Thaler, le scelte vanno semplificate e l’individuo deve essere “spinto” verso quella adeguata. Il che non vuol dire ridurre il ventaglio delle scelte a sua disposizione ma semplicemente rendere facilmente comprensibili le conseguenze di ciascuna soluzione e di mostrare, in conseguenza a ciò, quella adeguata. Sembra facile. Così non è.

Non si tratta infatti semplicemente di dotare chi si occupa dei tuoi investimenti di tutte le necessarie e doverose competenze tecniche indispensabili per spiegare il funzionamento dei vari strumenti finanziari. Si tratta, soprattutto, di capire il cliente, i suoi bisogni, le sue aspettative, il suo rapporto con il tempo e con il denaro, i suoi obiettivi. Si tratta di capire, insieme a lui, quale parte del suo capitale è da considerare risparmio, ovvero porzione di patrimonio sul quale, probabilmente, l’avversione alla perdita è totale, e quale invece è da considerare disponibile per gli investimenti, e sul quale pertanto è disposto ad accettare maggiore volatilità. Si tratta di capire il perché ha fatto gli investimenti che ora ha in portafoglio e, dunque, se questi sono coerenti con il perché di partenza. Ancora, di concretizzare tutto questo in una pianificazione finanziaria che, a sua volta, si materializza in un’asset allocation, cioè in un complesso di strumenti finanziari che rappresentano effettivamente il portafoglio del cliente e che, naturalmente, rispecchi tutto quanto lui ci ha appena detto e spiegandogli in modo semplice le soluzioni possibili orientandolo verso quella a lui più adeguata.

“Euristiche”, “bias” e “spinte gentili” fanno parte della Finanza Comportamentale la quale non è semplicemente quella branchia dell’economia che permette all’investitore di non commettere errori legati all’emotività e ai pregiudizi, ma è qualcosa quindi di molto esteso e di molto affascinante. Da ciò potrebbe anche essere più chiaro che investire non vuol dire semplicemente scegliere degli strumenti finanziari..

Il consulente, in tutto ciò, ha, secondo me, il dovere morale di far comprendere al cliente alcuni concetti fondamentali legati agli investimenti: il lungo periodo, il legame fra il rischio e il rendimento, il fatto che oggi l’investimento sicuro non è quello che rende ma quello che salvaguarda il capitale, il fatto che il denaro debba essere messo al lavoro… e via discorrendo. Proprio così: ad esempio, il consulente deve spiegare come il denaro lasciato sul conto corrente si trasformi in una perdita secca dovuta al fatto che l’inflazione, per quanto bassa, erode il potere di acquisto dell’individuo. I 100.000 euro di 20 anni fa e i 100.000 euro di oggi hanno un valore economico ben diverso.

In tutto ciò sta il valore della consulenza finanziaria… e del consulente finanziario. Per te.