Mi occupo di strategia patrimoniale e non sono un avvocato divorzista … ma conoscere talune dinamiche connesse a separazione e divorzio mi è fondamentale per impostare la più adeguata strategia di tutela del patrimonio del mio cliente.
Oggi è fondamentale difendere il proprio patrimonio da una schiera di rischi sempre più nutrita: non solo i rischi legati ad investimenti finanziari, ma anche la non adeguata gestione del passaggio generazionale, possibili controlli dell’Agenzia delle Entrate per operazioni fino a poco tempo fa considerate “normali”, rischi professionali e, perché no, la fine del rapporto di coppia possono impattare in modo molto consistente l’entità del tuo patrimonio.
Le situazioni di separazione e divorzio hanno rispettivamente alcune proprie criticità e conoscerle può aiutare ad evitare situazioni indesiderate.
Nell’articolo “Crisi di coppia. Aspetti patrimoniali della separazione” ho trattato la peculiare situazione del coniuge separato che, ad esempio, salvo non gli sia stata addebitata la separazione, conserva immutati i diritti successori. Ne consegue che l’altro coniuge, specie nel caso in cui abbia una nuova relazione, che magari vorrebbe tutelare in caso di successione, deve adoperarsi in questo senso ed impostare una strategia patrimoniale transitoria in attesa del divorzio.
Spesso, con un divorzio risolto con un (lauto) assegno divorzile, si pensa di non dover più nulla dal punto di vista patrimoniale al coniuge dal quale si è divorziato. Così non è.
L’assegno divorzile è stato introdotto dalla legge sul divorzio nel 1970 ed in virtù di questa il Tribunale può prevedere a carico di un coniuge l’obbligo di somministrare all’altro un assegno. La ragione risiedeva nel principio di solidarietà economica fra i coniugi anche dopo la fine del rapporto matrimoniale e la valutazione del Tribunale doveva e deve ancora considerare le condizioni dei coniugi, il contributo personale ed economico di ciascun coniuge durante la vita matrimoniale, le ragioni che l’hanno portata a concludersi, il reddito di ciascuno ed anche la durata del matrimonio stesso. Valutazione di situazioni dunque e non procedimento automatico.
La prassi tuttavia è stata quella di assegnare quasi automaticamente l’assegno divorzile al coniuge economicamente più debole. Fino alla sentenza della Corte di Cassazione del 10 maggio 2017: questa sostanzialmente dice che con la fine del matrimonio viene a mancare quel dovere all’assistenza materiale (oltre che morale) tra coniugi e che, pertanto, l’assegno è dovuto solo quando il beneficiario provi di non avere i mezzi adeguati per mantenersi e che non può farlo per ragioni oggettive. Visto il crescente numero di divorzi degli ultimi anni, è possibile che sia capitato anche a te di vedere, fra persone a te vicine che hanno divorziato, come effettivamente sia cambiato nella prassi l’orientamento della legge più rivolto ad una valutazione oggettiva che ad un procedimento automatico.
Ciò che non è mai cambiato da quando è stato introdotto l’assegno divorzile è il fatto che al coniuge al quale sia stata addebitata la separazione non è mai possibile attribuire l’assegno di mantenimento. Lo sapevi?
Diverso è l’assegno per gli alimenti: il coniuge divorziato ne ha diritto quando si trova in uno stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio sostentamento, indipendentemente dal fatto che gli sia stata addebitata o meno la separazione.
Il coniuge bisognoso perde questo assegno quando si risposa o quando viene meno il suo stato di bisogno; allo stesso modo, l’assegno può essere di nuovo attribuito se ricompare lo stato di bisogno (purchè non risposato).
La separazione può essere addebitata ad entrambi i coniugi. In questo caso nessuno dei due ha diritto all’assegno divorzile ma può esistere l’obbligo di prestare gli alimenti al coniuge bisognoso.
Stabilito dal Tribunale il diritto del coniuge divorziato ad avere l’assegno di mantenimento, magari anche un generoso assegno di mantenimento, si chiudono definitivamente tutti rapporti patrimoniali fra i coniugi divorziati? No.
Se viene a mancare il coniuge che doveva elargire l’assegno, quest’onere può gravare sugli eredi! Dipende dal giudice il quale deve valutare lo stato di bisogno del coniuge superstite beneficiario dell’assegno, l’entità dell’assegno e di altre somme di cui lo stesso potrebbe beneficiare. Può, alla luce delle valutazioni fatte, stabilire che quell’assegno venga corrisposto periodicamente o in un’unica soluzione a carico dell’eredità. Può anche decidere che tale assegno si debba estinguere e non sia a carico dell’eredità: generalmente, questo accade quando c’è un passaggio a nuove nozze o non c’è più lo stato di bisogno.
Il beneficiario dell’assegno divorzile ha anche diritto a ricevere una quota parte della pensione di reversibilità anche se esiste il nuovo coniuge del defunto con cui “spartire” la pensione di reversibilità. Altrimenti, la percepisce integralmente. Infine, se non è passato a nuove nozze, ha diritto anche all’indennità di fine rapporto.
Possibile evitare questa situazione? Sì, solo nel caso in cui, al posto dell’assegno divorzile periodico, i coniugi si siano accordati per chiudere in un’unica soluzione quanto dovuto (una tantum). Generalmente la “tantum” corrisponde ad una somma di denaro ma i coniugi possono anche concordare il pagamento attraverso il trasferimento di un bene immobile o di altro bene mobile.
Per la tua strategia di tutela patrimoniale fa la differenza saperlo, non credi?
Volutamente ho tralasciato gli assegni da corrispondere in presenza di figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti… per ora, c’è già tanta carne al fuoco così!
Alla prossima!
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