Quali sono i motivi che spingono un genitore, ad esempio, a cointestare il conto corrente con il proprio figlio? Il più delle volte è la comodità di gestire i rapporti bancari e la volontà di premurarsi per tempo al trasferimento di ricchezza verso il figlio. O, ancora, le ragioni possono ricondursi alla volontà di ridurre quello che sarà il patrimonio imponibile al momento della successione o celare patrimonio agli occhi dei creditori ed altro ancora.

Qualunque sia la ragione che porta al conto cointestato, il figlio cointestatario si ritrova una situazione patrimoniale potenzialmente non compatibile con i propri redditi dichiarati.

Brevemente vi dico che l’Amministrazione Finanziaria negli ultimi anni ha innovato le modalità con le quali conduce i controlli sulle situazioni reddituali e patrimoniali degli italiani. Oggi, infatti, l’Amministrazione Finanziaria dispone di  Ser.p.i.co., un super cervellone che accumula tutta una serie di informazioni relative a dichiarazione dei redditi, immobili, auto, barche, posizioni finanziarie ecc. Inoltre, sulla base delle spese che ciascuno di noi sostiene (bollette del gas, elettricità, scuola, vacanze..) è in grado di “dedurre” quello che dovrebbe essere il nostro reddito e di incrociarlo con quello che effettivamente dichiariamo. Se questi differiscono oltre una certa misura, l’Amministrazione Finanziaria presuppone evasione fiscale e chiede al contribuente di dimostrare di non aver evaso tasse.

Torniamo al figlio al quale abbiamo attribuito una posizione patrimoniale tramite la cointestazione di conto corrente. La prima cosa che potrebbe rilevare l’Amministrazione Finanziaria è l’incongruità della sua situazione patrimoniale con quanto da lui dichiarato e potrebbe chiedergli di pagare le imposte sul reddito ipoteticamente non dichiarato. Dopo un primo comprensibile smarrimento, il figlio dichiara che si tratta di una donazione del padre, meglio di una liberalità indiretta ricevuta.

L’Amministrazione Finanziaria procede rilevando, al posto dell’evasione fiscale, il trasferimento di ricchezza tra padre e figlio e verifica se questo trasferimento di ricchezza è soggetto ad imposta di donazione. La franchigia rimane l’unica salvezza… Se l’importo attribuito al figlio è sotto franchigia, il figlio non paga nulla per imposte di donazione. Se è sopra franchigia, paga (sulla differenza) l’aliquota massima prevista attualmente dal nostro ordinamento, cioè l’8%. Il doppio rispetto all’effettiva aliquota del 4% prevista per la donazione extra-franchigia tra padre e figlio, ma minore rispetto all’aliquota che avrebbe pagato sul reddito di persone fisiche (che inizialmente l’Amministrazione Finanziaria aveva chiesto presupponendo evasione fiscale sul reddito).

È chiaro che quando l’Amministrazione Finanziaria ci chiama rilevando incongruità è ormai tardi per rimediare al pasticcio e ci si può solo difendere nel migliore dei modi. Se invece l’Amministrazione Finanziaria non ha ancora bussato alla nostra porta dobbiamo valutare se e come è possibile rimediare.

E se l’Amministrazione Finanziaria mai rileva incongruità? Non facciamo passi falsi! Approfittiamo della buona sorte e ricordiamo che quando il papà verrà a mancare, il figlio dovrà compilare una dichiarazione di successione e indicare le liberalità ricevute dal genitore (la somma ricevuta per cointestazione di conto corrente..) ai fini del corretto calcolo della franchigia già consumata. Il figlio che non dichiarerà quella cointestazione potrà passarla liscia ma, se qualcosa va storto, potrà essere individuato come “colpevole” di dichiarazione mendace. Per la dichiarazione mendace il codice civile prevede pene significative.

Naturalmente si considereranno aliquote e franchigie di quel momento futuro che potrebbe essere diverse da quelle attuali, particolarmente favorevoli, delle quali possiamo ancora godere trasferendo ricchezza nel modo adeguato.

La cointestazione di conto corrente genera quindi almeno un corto circuito fiscale importante.. nient’altro? In realtà genera anche corti circuiti civilistici.. ma questo è un altro aspetto che vedremo in uno dei prossimi articoli.

Con certezza vi dico che ciascuna cointestazione va valutata caso per caso. Non tutte sono passibili di accertamento e generano corti circuiti. Anzi, in talune situazioni, la cointestazione di conto corrente è la soluzione preferita.

Indubbiamente ogni persona che si proponga di tutelare il proprio patrimonio non dovrebbe prescindere dalla possibilità che questo possa risultare esposto ad aggressioni anche da parte dell’Amministrazione Finanziaria, magari per operazioni poste in essere ignorando inconsapevolmente la normativa.

La tutela patrimoniale passa anche per questa strada. Non significa soltanto preoccuparsi di proteggerlo in virtù del fatto di praticare una professione “a rischio aggressione” o di concentrare la tutela nel momento di passaggio generazionale della propria ricchezza. Protezione patrimoniale significa preoccuparsi di proteggere i propri beni sempre, nella consapevolezza che le fonti di rischio sono molteplici, a volte sconosciute.